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[26/11/2016] PERCHÉ MI GIUDICHI?
                     (Lettera a un amico mancato)

Scrissi queste pagine alcuni anni fa, in seguito ad una serie di episodi molto significativi della mia vita, eventi di cui ero apparentemente (e anche oggettivamente) vittima. Cadevo sempre negli stessi rapporti conflittuali e quanto più tentavo di distogliermene, tanto più mi si ripresentavano con le nuove conoscenze. Era molto, molto difficile per me riuscire a farmi rispettare in quanto Persona, Essere Senziente, Donna. L'atteggiamento di riflesso più comune che ottenevo era quello della critica gratuita, spesso posta in maniera brutale o comunque dominatrice, come se tali persone non avessero a che fare con una donna adulta ma con un bambino capriccioso e un po' tardo. Atteggiamenti di riflesso, dicevo, dovuti soprattutto al mio precario approccio psicologico ed emotivo con tali persone, ma che scatenavano in me vere ribellioni e arrabbiature magistrali. Ero sempre sotto il mirino di un potenziale e severissimo giudice e non ne comprendevo la ragione. Ho anche scritto in merito a questo aspetto ma non ne parlerò in questa sede. Qui intendo solo riportare tutte quelle riflessioni che, a mente fredda e col cuore pacificato, si sono affacciate alla mia coscienza, dandomi consolazione e nuove indicazioni per il futuro.

 
 

Perché mi giudichi? Che cos'è che davvero NON TI PIACE in me? E come mai senti l'imperioso bisogno di doverlo sottolineare per forza? Hai davvero quest'impellente necessità di rimarcare la tua superiorità sul piano intellettuale, professionale, dell'esperienza di vita o emozionale?!

Forse il problema non sono io ma il fatto che sono il tuo specchio (frase ormai orripilante e abusata, benché veritiera) e che nella mia persona vedi qualcosa di TE che proprio non vuoi affrontare, che non ti va giù, benché ti sia impossibile riconoscerlo, tanto meno ammetterlo. Così non vedi la tua arroganza né la sfacciataggine nell'intervenire sempre e comunque in cose che non sono poi così importanti: vedi solo la debolezza e la fragilità di coloro che non possono o non sanno difendersi da te. Identifichi nelle persone dei bersagli da colpire. Per cui, invece di lavorare su te stesso/a, giudichi gli altri, apri bocca e tiri fuori quel che di costoro non ti piace. E lo esprimi con dovizia di giustificazioni, anche: consigli gratuiti e non richiesti, talora taglienti e offensivi, provocando ferite psicologiche ed emotive. Allora, devo proprio dirtelo: così non va bene. I consigli non si devono MAI dare a chi non ne fa richiesta! La maleducazione non è mai una scelta saggia e rimarcare il fatto che tu ne sai di più, che questo o quello di me o di chiunque altro non ti piace, non fa che sottolineare lo squilibrio che è in te, la tua mancanza di pace, di accettazione, di tolleranza. Soprattutto perché la persona che hai di fronte non ti sta offendendo, non ti sta mancando di rispetto, non sta commettendo abusi né crimini. Perciò, a quale scopo correggerla? Solo perché la tua anima preferisce FERIRE L'ALTRO CHE SANARE il proprio errore, le proprie ferite. Questo però è un atteggiamento infantile ed egoista, che non può piacere a nessuno e neppure piace a me. Così te lo dico.

Credo che in te ci siano enormi insicurezze, una latente mancanza d'amore, una “immeritevolezza” rispetto al prossimo tuo. Queste “lacune” interiori mordono e ti spingono a reagire in senso egoistico verso gli altri. Capisci che così non funziona? Sappi che il continuo giudizio nei miei o altrui riguardi è come un boomerang che presto o tardi ti si ritorcerà contro. Legge di Risonanza: più ami criticare, più oggetti di critica trovi; però, Legge di Causa ed Effetto: più critichi, più sarai criticato/a. E soffrirai come un cane bastonato. Perché è così che si soffre quando gli altri fanno a te ciò che tu hai fatto agli altri. Ne ho fatto l'esperienza, sono stata insultata e punita per aver cercato di “aiutare” persone che non volevano aiuto ma soltanto comprensione, una parola buona a fronte del loro sfogo. Persone che spesso non sono pronte a cambiare (e quindi a ricevere l'aiuto) ma verso le quali si vuole intervenire a tutti i costi “perché è giusto così”. E poi, quando questi poveri sofferenti si ribellano al nostro intervento, ci insultano e parlano male di noi a causa di ciò che abbiamo detto o fatto (sia pure in buona fede), ecco che cadiamo dalle nuvole, ci offendiamo a nostra volta perché non hanno capito, non hanno accettato il consiglio, l'aiuto, il nostro presunto “amore”.

Ma NON C'È amore nel nostro continuo tentativo di cambiare le persone a nostra immagine e somiglianza, di uniformarle alle nostre aspettative: ti stimo se sei così, ti amo perché sei cosà. Al Dio Creatore, che guarda caso fa parte integrante di noi, non interessa dimorare nel cuore di miliardi di persone tutte uguali, tutte schierate come soldatini obbedienti, uniformati per servire qualcun altro senza belligerare né protestare! Noi non siamo robot, non siamo cloni geneticamente modificati (malgrado qualcuno lo vorrebbe, eccome). Siamo diversi perché nella diversità esprimiamo l'immensa pluralità del Divino. Ognuno ha i suoi talenti, il suo carisma particolare, le sue qualità peculiari. Anche se io sono un grande attore ma non amo pulire casa, quell'altro è un factotum casalingo che non sa manco cantare sotto la doccia mentre mio fratello è un bravo pittore ma detesta il calcio e la ricotta (che quell'altro ama), né sa raccontare barzellette come so fare io. Siamo tutti diversi perché, in primo luogo, ciascuno sperimenta in genere quel che vuole imparare o perfezionare nella vita presente, e in seconda istanza perché siamo lo specchio delle persone che conosciamo, abbiamo conosciuto e conosceremo in futuro. Siamo specchi degli altri e se gli altri non ci apprezzano né ci amano, in genere succede perché non apprezzano né amano sé stessi! Inoltre, lo specchio NON È MAI A SENSO UNICO! Così, se ci capita di patire tante critiche, anche noi dobbiamo lavorare sulla nostra autostima, sui nostri sentimenti, sulle emozioni negative: se suscitiamo reazioni discutibili, il più delle volte accade perché la NOSTRA energia non è equilibrata ed inviolabile. Dobbiamo imparare a bilanciare in noi stessi le energie troppo irruenti ed invadenti così come quelle troppo timide e rinunciatarie. Violenza, rabbia e aggressività cercano e sempre trovano paura, viltà e rinuncia (o fuga).
Quando invece si lavora SERIAMENTE, onestamente e SENZA IPOCRISIA sui propri difetti, ecco che i nostri persecutori (o le nostre vittime) svaniscono alla fine, come per incanto, perché divengono inutili, obsoleti per noi.

Ecco che si spiega, dunque, come il giudizio, la critica, il consiglio non richiesto, la predica gratuita siano tutte manifestazioni egoistiche, dettate dal desiderio dell'Ego di uniformare gli altri al Sé piuttosto che di convivere pacificamente con persone diverse da esso. Eppure, gli altri sono come te, soffrono nell'essere costantemente giudicati, non amati, criticati, spronati ad essere diversi da ciò che sono. Perché non comprendi che se tu soffri per queste manifestazioni di scarsa carità, anche gli altri ne soffrono quando tu apri bocca e spari frasi demotivanti o censuranti nei loro riguardi? È proprio di questo che parlava Gesù quando ammoniva dicendo: “Ne ferisce più la lingua che la spada”; si riferiva alla mancanza di amore e di unità quando diceva: “Non giudicate se non volete essere giudicati nella stessa misura”. E bada bene, NON GIUDICATI DA LUI, sia ben chiaro, ma giudicati dalle stesse persone che abbiamo ferito, dai conoscenti comuni, dagli estranei. Talora può accadere che non delle persone fisiche tornino ad influenzarci negativamente, poiché capita che alcune non s'incontrino più, ma addirittura i loro pensieri, le loro anime. Non a caso i “karma” (i registri del nostro agire in bene e in male) si rincorrono lungo le vite dell'essere umano e lo tormentano finché egli non impara la lezione! Perciò, finché si continuerà a giudicare, criticare e pontificare a spese altrui, non si farà altro che creare le circostanze per essere analogamente giudicati, criticati e ammoniti con la stessa misura... e a volte anche due, o persino quattro volte tanto. Pure questo viene dal Vangelo ed è una lezione che così tanti Cristiani dovrebbero smettere di sottovalutare!

Poi vi sono i casi di coloro i quali SCELGONO il male come qualcosa d'inevitabile e di preferibile all'Amore Divino che si esprime attraverso le persone, soprattutto quelle incarnate. Ma questa è una faccenda assai più complessa, che comporta considerazioni vaste e conoscenze profonde, soprattutto sul piano spirituale ed etico. Per grazia superiore, la maggior parte dell'umanità non commette sistematicamente crimini orrendi con la superficialità di un assassino, pedofilo, stalker, rapitore o ladro incallito. Per quanto esistano, e ultimamente ne esistano parecchi (per ragioni abbastanza ovvie ma poco comprese), grazie al cielo queste anime grezze non sono la maggioranza. La massa umana, tuttavia, vive ancora nell'attaccamento all'Ego e alle sue manifestazioni di orgoglio e presunzione, ai suoi desideri materiali, al suo infantile e limitato “sentire” di essere animale 3D, cioè di terza dimensione. E la massa umana è davvero numerosa. Non siamo tutti Madre Teresa di Calcutta, Nelson Mandela o John Fitzgerald Kennedy. Il coraggio di vivere oltre gli steccati imposti dalla Società umana non risiede certo nel cuore di tutti! E qui tutti stiamo lottando contro i nostri difetti, le nostre meschinità, la nostra vulnerabilità fisica ed emozionale.

Perciò continuo a dire: scegliere di evitare il male, evitando di fare del male agli altri, significa evitare nuovi dolori e sofferenze a noi stessi. Il giudizio è un male, nel senso che glorifica il nostro Ego a scapito di quello altrui. Certo, anche l'ego delle altre persone può essere invadente ed ingiusto nei nostri riguardi; il punto è che spesso non è utile farglielo notare, benché il problema sia loro. Il punto è che NON SI PUO' SALVARE GLI ALTRI se prima non si salva sé stessi! E questo è tanto più vero e fondamentale se si considera che spesso, con le Leggi universali di Causa-Effetto e di Risonanza, succede che lavorando e correggendo sé stessi si riesca ad aiutare anche l'ego ferito degli altri. Così, automaticamente. Senza sforzo... E senza aprire bocca, persino.

È così che funziona il meccanismo degli specchi! Non dicendo all'altro: IO SONO IL TUO SPECCHIO PERCIÒ, se ti dico certe cose, LO FACCIO PER IL TUO BENE. Questa è ipocrisia!
Lo specchio funziona proprio all'inverso: SE IO TI DICO COSE SGRADITE, le dico per GRATIFICARE ME STESSO, ignorando che il vero problema sta in me, non in te. Sia chiaro: non è vietato far notare certi problemi o educare i figli! Qui non si tratta di apprendimento e istruzione, si parla di giudizio. Sottolineare o denunciare un comportamento errato sul piano etico e sociale può essere lecito ma criticare l'altro ad ogni piè sospinto, soprattutto senza mai mutare opinione né mai provando compassione, è tutt'altro paio di maniche. A buon intenditor...!

E c'è di più: a volte, neanche tanto di rado, ci SI RIFIUTA di ascoltare l'altro. In realtà, pochissimi sanno veramente ascoltare! Capita di continuo anche a me. Quando l'altro/a mi parla, già la mia mente corre alle situazioni analoghe occorse a me, alla mia esperienza. “Sì, infatti, anche io!”, è la frase tipica in queste situazioni. E si parte all'attacco della narrazione della propria esperienza. Quante volte ci capita, ogni giorno?! Un sacco di volte, basta farci caso.
Il guaio è che, ogni volta che ci “distraiamo” dalle parole dell'interlocutore, perdiamo il senso profondo di ciò che sta condividendo con noi; perdiamo quel verbo specifico, quell'aggettivo rivelatore, la descrizione di quella particolare emozione nota solo a lui/lei. Se sovrapponiamo il nostro vissuto, le nostre emozioni o esperienze alle sue, di fatto PERDIAMO IL SENSO di ciò che l'altra persona ha sperimentato e vissuto. Perché, come già detto prima, noi non siamo perfettamente uguali. Ciascuno di noi ha un suo modo proprio di percepire la vita, le persone, le relazioni, il dialogo e le situazioni; se sovrapponiamo noi stessi alla narrazione di un altro, stiamo già confondendo il nostro Ego col suo e ciò genera equivoci perché noi NON SIAMO PERFETTI NÈ UGUALI (e so che, in parte, dicendo questo mi attirerò aspre critiche...). Noi siamo simili, cuori in cammino, dimore del Divino che, Esso sì, è perfetto (e il nostro Spirito immortale perfetto come Dio). Sentiamo, vediamo, udiamo e percepiamo con i medesimi strumenti (tatto, vista, olfatto e gusto, emozioni, sentimenti...) PERÒ non sentiamo, vediamo, udiamo o percepiamo esattamente le medesime cose. E questo è veramente difficile da capire e far comprendere!

Ecco, di nuovo, che il nostro giudizio si va a sovrapporre a quello altrui. Vediamo il mondo dietro lenti il cui colore NON PUO' ESSERE lo stesso di chi ci parla. E se sovrapponiamo la nostra esperienza alla sua, se facciamo paragoni e ripensiamo a esempi analoghi, da una parte rendiamo l'altra persona simile a noi, amabile, amichevole... creiamo un legame; ma d'altra parte, purtroppo, la fraintendiamo! Non capiamo esattamente che cosa voglia dirci, non riusciamo a comprendere a livello empatico o spirituale QUEL CHE DAVVERO PROVA. Ecco perché poi creiamo intere enciclopedie di consigli gratuiti e non richiesti, breviari di norme comportamentali che vanno bene per noi e che dunque anche l'altro deve assolutamente adottare. Stiamo confondendo la nostra percezione con i suoi veri sentimenti, con le sue profonde emozioni. Emozioni, beninteso, che QUASI MAI noi proviamo nello stesso momento. E questo dovrebbe già farci comprendere che non stiamo condividendo davvero, che non stiamo ascoltando nel modo giusto e che, soprattutto, non stiamo provando il suo disagio o il suo dolore. È proprio così che si finisce col diventare persone superficiali, pronte a sputar sentenze. È così che finiamo con l'offendere e mortificare chi non ci ha fatto alcun male.

I grandi santi, i grandi guru, i grandi maestri spirituali dell'umanità hanno invece una caratteristica comune assai rara e preziosa: ASCOLTANO SENZA GIUDIZIO e AIUTANO SENZA ESPRIMERE SÉ STESSI! Adoperano la propria identità fisica per canalizzare la misericordia celeste, la saggezza divina e la sapienza delle guide cosmiche. Si fanno TRAMITE per condurre anime più affrante, smarrite o bisognose verso la Luce Divina. Ma non usano MAI il loro Ego. Sono essenzialmente persone dolci, miti, riservate, mansuete. “Non farebbe male ad una mosca” è ciò che si potrebbe sempre dire di loro. Non provocano mai con cattiveria o sarcasmo, non dànno consigli senza richiesta, non giudicano, non risolvono nemmeno i problemi altrui. Al massimo, indentificano il tuo disagio, lo squilibrio o il “peccato” che più ti affligge e ti indicano la via per risolverlo: una preghiera, un concetto su cui meditare, un'indicazione di ciò che potrebbe accadere in futuro se il problema non viene risolto. Persino all'omicida suggeriscono di andare a costituirsi senza mai forzarlo. Non lo denunciano nemmeno! Perché MAI E POI MAI S'IMPONGONO, l'hai notato? Anche il nostro Maestro Gesù, quando guariva qualcuno, lo faceva perché gli era richiesto espressamente e, in più, aveva il potere di far ritrovare la Luce interiore a coloro che Egli guariva. Due al prezzo di uno, si potrebbe dire! Ma non imponeva il Suo Spirito e il potere a nessuno, mai. Gli unici a cui “comandava” erano gli spiriti immondi che affliggevano qualche persona... E anche lì, se ci si riflette, si nota che tale esercizio di potere spirituale Gli era espressamente richiesto. Si lasciò persino deridere sulla croce, senza vendicarsi con anatemi e promesse d'inferno: il perfetto dominio dello spirito sull'ego.

Al contrario, l'EGO VUOLE SEMPRE IMPORSI. La risata troppo squillante, la voce sempre più alta, le urla e le minacce, le frasi rivelatrici del tipo: “Ah, infatti anche io”; “Sì, però sbagli...”; “Tu non capisci!” o “Non mi hai capito”; “Non mi piace di te questo...”; “Devi capire che...” o “Devi cambiare, fare, pensare in quest'altro modo...”, ecco, ce ne sono a migliaia, tante quante le sfumature della personalità umana. Certamente senza l'Ego non si può vivere nella Terza Dimensione, saremmo tutti smarriti e slegati dalle cose materiali in cui dovremmo immergerci. Senza Ego, le esperienze di vita sarebbero come sogni remoti, illusioni, film senza emozioni. È l'Ego la parte “fisica” della nostra psiche, quel che ci fa sentire di essere “VIVI”. Ciò nonostante, l'Ego risiede nella Mente e, come si sa, la Mente mènte, inganna. L'Ego vuole sempre soddisfazione, la sua parte irrinunciabile di gloria personale. “L'ho fatto io, l'ho detto io, l'ho pensato prima io...” e persino: “Ho amato prima e meglio di te”. Ed è chiaro che sia discutibile vantarsene tanto quanto sottolineare e criticare chi si esprima in tal modo! L'Ego è fortemente specchiato fra chi parla e chi risponde. Ecco perché è forse LA COSA PIÙ DIFFICILE DA CAMBIARE, questa: comprendere che siamo tutti gravemente influenzati da una Mente che ama sé stessa più di quanto ami l'interezza dell'Anima che vi dimora.

Ecco perché è tanto arduo comprendere veramente chi si ha di fronte. Tuttavia, esiste un modo per non fare danni nelle relazioni con gli altri: imparare l'arte sopraffina del RISPETTO. Attenzione, qui non s'intende il rispetto umano, quel "vivi e lascia vivere" che comunemente viene praticato da chi non vuole avere guai! Il RISPETTO È UNA LEGGE COSMICA. Esiste come concetto basale in tutto l'Universo ed è una Legge inalienabile per qualsiasi civiltà degna di questo nome. Rispettare l'altro significa non invadere impunemente il suo spazio, non pizzicare o urtare la sua sfera emotiva, non pretendere di sostituire i propri valori, gusti e sentimenti ai suoi. Rispetto significa, prima ancora di poter amare l'altro, riconoscere in lui/lei la Divinità, il Padre/Madre Creatore di ogni cosa.

Questo implica che persino davanti a uno gnomo fuori di testa, piuttosto che a uno scienziato promotore della più catastrofica energia al mondo, o a un alieno con la forma del Mostro della Laguna, tu dovresti riconoscere in costui Dio che si esprime in quel modo! La venerazione verso il Divino, dunque, comporta necessariamente il rispetto verso qualsiasi forma esistente, che sia viva oppure no, che sia terrestre o galattica, spiritualmente alta o bassa. In parole povere, anche un sasso, un alieno privo di etica o uno spirito demoniaco hanno diritto al nostro Rispetto! Non si tratta di evitare la prudenza interagendo con essi senza valutarne l'ipotetica pericolosità: si tratta d'esser coscienti che persino costoro esprimono, seppure in minima percentuale, la Luce di Dio. E se un sasso, uno strano extramondo o un demonio hanno comunque diritto al nostro rispetto, perché allora vorremmo arrogarci il diritto di rompere le scatole a persone, spesso miti, che potremmo annoverare fra i parenti, gli amici, gli amanti o soltanto gli occasionali conoscenti? Forse perché sappiamo già che, malgrado tutto, queste persone non ci ammazzeranno a morsi in faccia? È ridicolo anche solo pensare di essere tanto meschini, no?

Dunque, eccoci al punto di partenza. Proprio per evitare di ritrovarsi nella situazione della solitudine, del rimpianto, della rabbia, si dovrebbe evitare innanzitutto di “fare il deserto” attorno a noi. Cerchiamo di abituarci a spegnere la radio incessante della Mente, a zittire i pensieri di critica e di giudizio verso tutto e tutti! Si dovrebbe cominciare, una buona volta, ad umiliare il nostro umano e sistematico bisogno di sentirci “superiori” per non doverci poi ritrovare a vivere da “inferiori”.
Se paragonassimo la nostra esperienza ad una bilancia a piatti, prima o poi dovremmo accorgerci che NON facendo salire al culmine un piatto, magari caricandolo di arie (come i fatidici “palloni gonfiati”), riusciremo ad equilibrare la nostra scomposta e disorientata interiorità ma, PIUTTOSTO, smuovendo con delicatezza i pesi che gravano troppo sul piatto giacente in basso. Infatti, correggendo i difetti e le spigolature della personalità si ottiene sempre di elevare sé stessi. Mai, invece, ci si eleva aggiungendo pesi alle bilance altrui... Perché ogni nostro piatto, per quanto grande o piccolo, per quanto leggero o pesante, sensibile o fesso, lo condividiamo con le persone che ci circondano e, strano a dirsi, ogni peso che molliamo sul piatto del vicino fa scendere anche il nostro piatto. In sostanza, è questo il funzionamento della Legge di Causa ed Effetto. Tutto ciò che fai, nel bene o nel male, ritorna a te. SEMPRE. Magari non subito. Magari neppure te ne accorgi e resti lì ad inveire per l'ingiustizia patita, senza rammentarti che anche tu sei stato latore di un'ingiustizia. Funziona così e pare che, quanto più ne sei inconsapevole (innocente), tanto più la terapia funzioni. Non ha senso “punire” i colpevoli con l'esercizio del potere e senza un filo di rieducazione: si difenderebbero dicendo che sbagli tu e che loro sono innocenti; paradossalmente, patirebbero l'ennesima ferita da ingiustizia. Ha molto più senso la spontanea e spesso autoindotta “educazione” creata dalla Legge di Causa ed Effetto per gli innocenti i quali, attraverso il dolore di una privazione, di un lutto o di un tradimento, riescono lentamente a guadagnare la consapevolezza di quanto sia sbagliato e doloroso deprivare, uccidere o tradire.

Anche in questo, invece, la massa umana si agita inutilmente fra giudizi (spesso sommari), punizioni e vendette. Non si può amare senza rispettare ma la maggior parte delle persone umane non rispetta altro che il proprio Ego. Non ama altri che sé stesso e in modo certamente poco sano: gratificando mente e corpo a scapito dell'Anima, del Sé immortale. Ciò non aumenta però l'Autostima, né insegna l'Amore incondizionato: si diventa ipocriti, torbidi, falsi. Si diventa “...come sepolcri imbiancati di fuori e putrescenti all'interno”. Così si perdono il rispetto degli altri, la stima, l'affetto. Così cadono le amicizie, si sviliscono i rapporti umani, si spinge il prossimo a scansarsi per non incrociare il nostro cammino.

Malgrado le molte e crudeli ferite ricevute, non ambisco a far provare queste sofferenze ai miei “carnefici”, anzi li ringrazio perché mi hanno mostrato quanto poco, io per prima, mi amassi e mi rispettassi. Di certo, tuttavia, non ho intenzione di rimanere in eterno la vittima dei loro lazzi “a fin di bene”. Non augurerò il male a nessuno, nonostante le ferite da ingiustizia, malgrado la delusione e il senso d'inadeguatezza. Voglio bene a chi mi ha fatto del male. Solo che imparerò presto a dire la frase giusta al momento giusto. Imparerò a difendere il mio martoriato e svilito Amor Proprio. E allora starà a costoro, starà a te decidere che cosa fare dell'inevitabile mortificazione che si sarà provocata con discorsi inaccorti e battute superficiali o crudeli. Sto apprendendo l'arte dell'essere rispettata, senza voler offendere ma col pungiglione della verità ben affilato. Sarò finalmente l'Effetto provocato dal tuo essere Causa. Non volermene. Sto imparando. Sarebbe bello se imparassi con me, invece di sputar sentenze su giustificazioni, incomprensioni e specchi (miei) o banali lazzi (tuoi). Non hai mai notato che, quando qualcuno viene ripreso per il suo essere ingiusto o sprezzante, risponde invariabilmente “...ma io scherzavo”?!

Ti ringrazio fin d'ora perché mi permetterai d'imparare a difendermi e a vivere senza rimpianti né inconcludenti sensi di colpa. Ormai basta abbozzare: se potrò stroncare la tua presunzione con una fulminea risposta, magari pure divertente, io lo farò. Vorrei già essere come Oscar Wilde, maestro dell'ironia; e ti ringrazio di divenire dunque l'oggetto della mia. Verrà un giorno in cui non avrò più bisogno di sfoderare la mia lingua, che ti ferirà più della spada, perché quello sarà il giorno in cui non ti sentirai più tanto ferito da dovermi schiacciare e mortificare per sentirti vivo/a. E quel giorno, in cui avremo entrambi imparato il Rispetto, potremo anche riscoprire l'amore che appartiene ai veri amici, ciò che oggi non è proprio possibile. E così sia.

 
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